Svizzera VS. Austria: l’Austria vince!
Non è un titolo di cronaca calcistica ma stiamo parlando di mobilità a livello accademico.
L’agenzia nazionale per la promozione degli scambi e della mobilità all’interno del sistema educativo Movetia, che si occupa di incoraggiare e sostenere le attività di scambio, mobilità o cooperazione nei diversi settori della formazione sia a livello svizzero, europeo che internazionale, ha condotto uno studio comparativo con l’Austria, paese con un sistema formativo e una popolazione paragonabili a quelli svizzeri, giungendo alla conclusione che la Svizzera è rimasta indietro a causa dell’associazione in qualità di paese terzo al programma Erasmus+. Quale paese terzo, dal 2014 la Svizzera è stata esclusa dalle cooperazioni internazionali per quanto riguarda i progetti di formazione. Complessivamente, tra il 2014 e il 2020, nel quadro di Erasmus+ le scuole universitarie svizzere hanno potuto partecipare soltanto a 42 progetti di cooperazione contro i 460 dell’Austria, di cui 88 sotto la sua direzione. In qualità di paese terzo, la Svizzera non ha potuto assumere la conduzione di alcun progetto. In termini monetari, l’Austria ha avuto accesso a un volume di progetti complessivo pari a 346 milioni di euro mentre la Svizzera solo a 20.5 milioni di euro.
La mobilitĂ dell'USI
Nonostante questa fotografia in bianco e nero, alle nostre latitudini la mobilità studentesca dell’USI, sia in uscita che in entrata, è cresciuta negli ultimi vent’anni. Ma in questo periodo sono cambiate molte cose e soprattutto se pensiamo all’ultimo decennio. I nostri rapporti con l’Unione europea sono diventati sempre più tesi fino all’abbandono unilaterale da parte della Svizzera dell’accordo istituzionale, il 26 maggio 2021.
Con Arianna Imberti Dosi, Responsabile Servizio relazioni internazionali e mobilità dell’USI, parliamo di mobilità studentesca e partiamo con una prima domanda: com’è possibile che il mutato contesto non abbia fermato le nostre studentesse e i nostri studenti? L’efficiente Svizzera ha elaborato una soluzione alternativa per quanto concerne Erasmus+ chiamata Swiss-European Mobility Programme (SEMP). Questo programma permette ancora sia al corpo studenti e docenti che al personale delle scuole universitarie di realizzare soggiorni di mobilità a fini di studio o traineeship, ma anche periodi di insegnamento o di formazione continua all’estero.
Ma alle stesse condizioni? Purtroppo no. Se prendiamo il caso di Erasmus+, la soluzione alternativa SEMP penalizza le scuole universitarie svizzere. Queste difatti non compaiono negli elenchi delle possibili destinazioni di mobilità e non possono partecipare attivamente allo sviluppo del programma comportando una notevole perdita di visibilità . Tutto ciò è ancora più grave se si pensa che l’attuale programma Erasmus+ è molto di più di un programma di mobilità e propone numerosi strumenti per sostenere e promuovere reti di cooperazione strategica e progetti di ampia portata in ambiti prioritari quali la green mobility, la digitalizzazione e l’inclusione.
Un obiettivo nazionale
Dando uno sguardo alla mobilità accademica a livello nazionale, un recente studio, condotto nel 2021 e commissionato dall’agenzia nazionale Movetia, è giunto alla conclusione che solo 4 delle 36 università prese in esame ha raggiunto l’obiettivo del 20% di studentesse e studenti diplomati con un un'esperienza di studio o stage all'estero fissato dalla strategia nazionale della Confederazione e dei Cantoni e dello Spazio europeo dell'istruzione superiore. Le quote di mobilità più elevate sono state individuate in tutti i tipi di istituti di istruzione superiore: Università della Svizzera italiana (USI), Alta scuola pedagogica di San Gallo (PHSG), Università di San Gallo (UNISG) e Politecnico federale di Losanna (EPFL). Secondo Olivier Tschopp, Direttore di Movetia: ”… Le scuole universitarie e le condizioni quadro nazionali svolgono un ruolo decisivo nel raggiungimento degli obiettivi di mobilità prefissati, per continuare a posizionare la Svizzera come centro attrattivo per l’istruzione e l’innovazione”.
La conclusione che possiamo trarre è che la Svizzera può anche essere brava nel trovare soluzioni alternative ma da sola non potrà mai affrontare le sfide di domani. Per questo motivo, visto che l’Unione europea ha chiaramente detto che la partecipazione della Svizzera ai programmi di ricerca e formazione è vincolata alla conclusione dell’accordo istituzionale da parte del nostro paese, risulta evidente come swissuniversities, insieme ad altri attori, quali aperta+sovrana, abbia ripetutamente sostenuto la sottoscrizione di tale accordo.
Per ottenere risultati in tempi brevi è auspicabile che una soluzione venga trovata nei prossimi mesi. Altrimenti, le elezioni federali prima e quelle europee nel 2024 protrarranno l’attuale situazione di stallo anche nei prossimi anni, facendo mancare al nostro paese certezza del diritto e sicurezza di pianificazione e erodendo ancora di più la via bilaterale.